La Mia Europa

Le prossime elezioni europee sono una occasione di cambiamento.
Così come sta succedendo in Italia, l’Europa necessita di un radicale cambiamento che deve partire al basso: passare dall’Europa delle banche e della finanza a un’Europa sociale e solidale, dove i diritti e gli interessi del cittadino vengano messi prima di tutto.
Basta scelte calate dall’alto figlie di politiche concordate con le lobby e non condivise.
Basta politiche di austerity che hanno dimostrato di aggravare, anziché migliorare, la situazione economica dei Paesi in difficoltà. Lo dice anche il rapporto Eurispes a pag. 28:
“Alla luce di quanto evidenziato, il momento di crisi non sembra dunque essere stato affrontato in Italia, in questi anni, nel modo più efficace, essendo stata focalizzata l’attenzione più sugli strumenti contabili, sulla riduzione di spesa e sul futuro pareggio di bilancio, piuttosto che sugli investimenti, sulla costruzione di infrastrutture e sul rilancio della spesa interna, con anche maggiore attenzione e tutela ai diritti sociali”
Semmai bisogna iniziare, da subito dopo l’insediamento del nuovo parlamento, a tagliare le spese di funzionamento della enorme macchina europea, a partire dalle tre attuali sedi:
chiudere la sede di Strasburgo (togliendo il diritto di veto alla Francia) che ci costa dai 105 ai 200 milioni di Euro all’anno, e non ha nessun motivo di esistere, se non quello di compiacere la Francia creando grosse difficoltà logistiche ai Parlamentari stessi;
chiudere la sede amministrativa in Lussemburgo, anche questa nata per qualche strano equilibrio, ci sono abbastanza uffici a Bruxelles per tale attività;
redistribuzione delle agenzie europee, grosse attività ruotano intorno alle agenzie che sono, pero, quasi tutte in nord Europa. Ricordiamo la questione della agenzia europea del farmaco che doveva venire in Italia ma poi, dirottata in Olanda: ancora non è funzionante, stanno ultimando i lavori di costruzione della sede stessa.
L’agricoltura è un tassello importantissimo per l’Europa, abbiamo bisogno di un ulteriore sforzo per la promozione e sviluppo della agricoltura conservativa e biologica (la conservazione del suolo attraverso la coltivazione senza la lavorazione del suolo con evidenti ed oramai riconosciuti vantaggi agro-ambientali).
Oramai e evidente che la riforma definitiva della nuova PAC 2021-2017 (Politica Agricola Comune), sarà di competenza del nuovo Parlamento, bisogna far sì che i sussidi vengano erogati a chi lavora davvero la terra, e non a chi ha acquisito titoli in precedenza e adesso tiene in vita l’azienda (solo per gli aiuti) ma di fatto non produce più. Quindi trasformare gli aiuti da assistenziali ad incentivi di sul prezzo di vendita dei prodotti agricoli.
Abbiamo bisogno di regolamentare la fase di commercializzazione dei prodotti agricoli: promuovere la “filiera corta” e liberalizzare il mercato, oggi gestito da pochi “grossisti”. Infatti, per via di quest’oligopolio, il profitto per gli agricoltori resta invariato mentre il prezzo al consumo subisce un aumento esponenziale rispetto al prezzo alla produzione. Il tutto va, dunque, ad esclusivo vantaggio di pochi intermediari che si spartiscono il mercato. Attualmente, il settore agricolo, è quello che registra il più grosso divario (spropositato anche il 200-300 %) fra prezzo di produzione e prezzo al consumatore.
Insomma necessitano poi, alcune importati riforme: potere legislativo al Parlamento che, caso più unico che raro, è eletto democraticamente dal popolo ma non può proporre le leggi (in Europa lo fa la Commissione che è costituita da componenti non eletti ma nominati dai Governi nazionali aderenti). Il Parlamento Europeo attualmente può solo emendare cioè modificare le leggi proposte dalla Commissione.
di Orlando Luigi Vella*
*Giornalista, Agricoltore ed Agrotecnico libero professionista addetto ai controlli aziendali per conto di AGEA (organismo per l’erogazione di aiuti comunitari previsti dalla normativa dell’Unione Europea per le aziende agricole).