Gaza: da “Campo di Concentramento” a “Campo di Sterminio” nel Silenzio Assordante dell’Europa.

Dal 1947, la Striscia di Gaza e la Palestina sono state descritte come un “campo di concentramento a cielo aperto”. Ma dal 7 ottobre 2023, la situazione è precipitata in un “campo di sterminio a cielo aperto”, con oltre 53.000 palestinesi uccisi e 1,9 milioni di sfollati, la maggior parte bambini e donne. Tutto questo avviene nel silenzio assordante del mondo e dell’Europa.
Il paradosso è straziante: un popolo che ha subito l’orrore del genocidio fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale si trova ora accusato di infliggere condizioni simili a un’altra popolazione. È imperativo “liberare” non solo la Palestina, ma anche lo Stato di Israele dalla sua attuale leadership, come suggerito da voci interne e internazionali.
Ciò a cui stiamo assistendo è un autentico crimine di genocidio, come evidenziato dal caso presentato dal Sudafrica alla Corte Internazionale di Giustizia (CIG). La CIG ha ordinato a Israele di prevenire atti di genocidio e di fermare l’offensiva a Rafah, sebbene Israele abbia respinto questa interpretazione e continuato le operazioni.
L’odio si fomenta per interesse, in particolare quello di chi produce armi. L’industria degli armamenti esercita un’influenza significativa sulla politica, spingendo verso soluzioni militaristiche.
L’Europa, che in passato ha imposto severe misure di austerità alla Grecia, riducendo drasticamente salari e pensioni e causando una contrazione del 25% dell’economia, ora si impegna in un massiccio piano di riarmo da 800 miliardi di euro entro il 2029. Questa contraddizione è palese: le spese militari non conoscono limiti fiscali, mentre il welfare sociale è sotto attacco.
Questa disparità di priorità, che privilegia la militarizzazione rispetto al benessere umano e alla giustizia sociale, genera un profondo senso di vergogna per l’Europa. La risoluzione della situazione in Palestina è intrinsecamente legata al cammino verso la pace in tutto il mondo











